Cucina Veneta

CUCINA VENETA | VINI VENETI

Il Veneto è la regione del fegato con le cipolle e delle sarde con l’uvetta. Eccole due fra le ricette più tradizionali della cucina veneta: il fegato alla veneziana e le sarde in saòr. È la terra del baccalà mantecato, di una saporita e densa minestra che nel tempo diventa un risotto ‘all’onda’ il risi e bisi e della pasta e fagioli preparata con i fagioli di Lamon. La cucina veneta è fatta anche di ricette ricche e sostanziose con la polentasalsicce e i pesci. E il radicchio di Treviso, di Castelfranco e di Chioggia spicca fra le verdure e nelle ricette a basso contenuto calorico come il radicchio di Treviso sulla brace o in contorni più sostanziosi, con la pancetta oppure fritto.

Piatti tipici Veneti

Baccalà alla vicentina

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Cominciamo subito giocando in casa, perché il vero baccalà che rappresenta più di ogni altro la tradizione veneta è quello “alla vicentina” (non ce ne vogliano le altre varianti altrettanto prelibate). Parliamo di una ricetta le cui origini risalgono addirittura al XV/XVI secolo, a basa di merluzzo essiccato, cipolla, farina, latte e olio (tanto), da servire assieme alla polenta. Il segreto per una buona riuscita del piatto è la cottura lenta: circa 4 ore senza mai mescolare. Per farvi capire quanto il baccalà alla vicentina sia un caposaldo della nostra cucina, basti pensare che dal 1987 esiste anche la “Confraternita del Bacalà“, con lo scopo“di difendere, conservare e promuovere il piatto tipico vicentino e, più in generale, di incoraggiare la cultura gastronomica locale e il turismo ad essa legato”. Fondata a Sandrigo (VI) si tratta di una confraternita a tutti gli effetti, con il proprio stemma, riunioni e cerimonie di investitura. Insomma, semmai doveste passare per di qua, ricordatevi di questo piatto!

Bigoli di Bassano

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O per meglio dire “Bigoi de Bassàn”. I bigoli sono una pasta lunga ruvida, caratteristica che meglio consente di trattenere il sugo. Il loro nome deriva dal torchio “bigolaro” usato per fabbricarli. Sono molto simili agli spaghetti ma più grossi e quindi più “rustici” alla vista. Come per ogni piatto della tradizione, si conoscono decine di varianti in base alla zona di provenienza. Quelli di Bassano del Grappa, nello specifico, presentano un colore più scuro dovuto all’uso della farina di grano saraceno (per questo sono detti anche “bigoli mori”). Uno dei condimenti tipici è il ragù d’anatra, più delicato di quello normale e dunque più equilibrato con la “pesantezza” dei bigoli. Altro abbinamento doc, apprezzato specialmente nella provincia di Venezia, sono i “bigoli in salsa”, ovvero la pasta condita con una salsa cremosa a base di alici, cipolla e vino. Non si può dire di no ad un piatto di bigoli, degna conclusione di una gita fuori porta di fine estate, quando in Veneto si alternano un po’ dappertutto le sagre paesane dedicate a questo piatto.

Frittelle

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Dopo due pietanze salate, passiamo al dolce. Dici frittelle dici Carnevale dici Venezia. Sì perché se volete mangiare le migliori frittelle di Carnevale che abbiate mai assaggiato dovete assolutamente venire nella città dei Dogi, dove una pasticceria artigianale dal 1886 crea delle vere opere d’arte. Noi diamo per scontato che tutti conoscano questo dolcetto fritto tondeggiante, ripieno e non, ma in realtà, parlando con gente di altre regioni (specialmente del Sud) ci siamo accorti che non è una ricetta diffusa in tutta Italia. Perciò, se dovete assaggiare le frittelle per la prima volta, fatevi un regalo e fatelo da Tonolo a Venezia.

Tiramisù

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E qui entra in gioco una rivalità decennale, per un dolce la cui paternità è combattuta tra Veneto e Friuli Venezia Giulia. L’ultima battaglia è stata vinta dal Friuli, ma la guerra sembra tutt’altro che conclusa. Lungi da noi immischiarci in questa disputa, ma per quanto  il ministero delle Risorse agricole e alimentari abbia ufficialmente attribuito la ricetta tipica del Tiramisù ai nostri vicini, per forza di cose si tratta di un dolce legato indissolubilmente anche al Veneto, in primis a Treviso. Non ha bisogno di presentazioni quello che, nonostante sia nato a ‘900 inoltrato, è oggi uno dei simboli della cucina/pasticceria italiana nel mondo. Nelle sue mille versioni, se siete in Veneto (e se vi è rimasto uno spazietto per il dolce), fateci un pensierino.

Sarde in saor

Sarde in saor

Torniamo al salato e da Treviso ci spostiamo nuovamente a Venezia, dove le “sarde in saor” fanno la fortuna di ristoranti e bacari. A differenza di altri piatti che vi proponiamo in questa lista, questa è facile non incontri i gusti di tutti, in quanto potrebbe sembrare (almeno sulla carta) un mix di sapori poco invitante che, però, se fatto a regola d’arte, potrebbe stupirvi. Ogni famiglia tramanda da generazione in generazione la propria ricetta per preparare le “sarde in saor”, letteralmente sardine in sapore. Si tratta di un antipasto freddo (spesso trasformato anche in portata principale) a base di sardine e cipolle in agrodolce, a cui si aggiungono eventualmente pinoli e/o uvetta. Piacciano o no, stiamo parlando del piatto tipico della laguna veneziana, citate anche dal Goldoni nell’opera Le donne de casa soa: In pescaria ghe xe del pesce in quantità; M’ha dito siora Catte, che i lo dà a bon marcà. Un poche de sardelle vorria mandar a tor, Per cusinarle subito, e metterle in saor.

Risi e bisi

Risi e bisi

Questo piatto parla di cuore, di nonne e di famiglia. “Risi e bisi”, che non è un semplice risotto con i piselli, è la ricetta che più di tutte mi fa pensare alla mia nonna materna, che a 87 anni non manca mai di riproporla settimanalmente al nonno, senza mai dimenticare di citofonarmi per chiedermi se ne voglio un piatto. Questo è uno dei tanti poteri del cibo, l’essere conduttore primario di bei ricordi.
Tornando a noi, per quanto “risi e bisi” possa sembrare un piatto povero e contadino, nasconde in realtà origini nobili. E’ infatti la pietanza che il Doge richiedeva per la festa della Repubblica di Venezia, nel giorno di San Marco, il 25 aprile.

Focaccia veneta

Focaccia veneta

Con l’avvicinarsi della Pasqua, tutti i panifici e le pasticcerie del territorio stanno pian piano cominciando a riempirsi di grosse e profumate focacce, “fugasse” in dialetto. Competitor n.1 della più conosciuta colomba, la focaccia è un pane pasquale dolce a lunga lievitazione, cotto (l’ideale se in forno a legna) in stampi tondi e glassato a piacimento con mandorle e zucchero. Ricetta nata anch’essa come “torta dei poveri”, visti i semplici ingredienti la cui preparazione richiede, si racconta anche che venisse preparata in occasione dei fidanzamenti e donata dallo sposo alla sposa con sorpresa nascosta all’interno: un anello! Oggi fornaio ha il proprio tocco segreto, specialmente per quanto concerne gli aromi. Difficile dire quale fornaio venda la focaccia migliore, quindi non vi resta che fare qualche assaggio e trovare la “fugassa” che fa per voi.

Gnocchi con la “fioreta”

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Questa è una ricetta tipica delle zone montane, in particolar modo delle Prealpi vicentine e veronesi. La particolarità di questi gnocchi è che al posto delle patate vengono impastati con la “fioreta”, una specie di ricotta molto liquida prodotta nelle malghe. Risulteranno quindi più leggeri dei soliti gnocchi di patate, ma altrettanto invitanti e gustosi, con quel tocco di acida freschezza che ci riporta subito alla genuinità dei prodotti lattiero-caseari di montagna. I condimenti ideali per questi gnocchetti sono vari, ma consigliamo di provarli assolutamente abbinati dall’accoppiata vincente “burro e salvia” e/o con fonduta di formaggio d’alpeggio (es. monte veronese).
Per assaggiare i veri “gnocchi con la fioreta” fate un salto a Recoaro Terme, dove è stata istituita anche una festa dedicata a questo piatto (ogni fine agosto / inizio settembre).

Polenta e sopressa

Polenta e sopressa

Stuzzichino da aperitivo, secondo piatto o portata principale: da noi polenta e sopressa vanno bene sempre! La polenta è stata per secoli l’alimento base della dieta veneta (non a caso facciamo parte dei cosiddetti “polentoni”), mentre la sopressa DOP vicentina (quella con una sola “P”!) è un salume morbido e cremoso, dal sapore delicato e profumo speziato. Un bel tagliere ti sopressa, qualche fetta di polenta abbrustolita o un bel mestolo di quella morbida e la felicità è servita.
Se volete rendere il pasto ancora più consistente, una bella fetta di formaggio Asiago da sciogliere sulla polenta e una cucchiaiata di funghi di bosco e vi meritate la cittadinanza onoraria.

Sopressa veneta

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Ha una sola p nel nome che la distingue dalle altre soppresse, tipiche del Sud Italia. La Soprèssa veneta è un grosso salame dalla forma arcuata, che arriva a superare i 3 chili di peso e 2 anni di stagionatura. Viene preparata con le parti chiamate nobili del maiale, quelle che spesso si lavorano a parte: coppa, coscia, spalla, pancetta, lombo, gola. Nella tradizione è il salame “della festa”, ma prende per la gola tutto l’anno: viste le dimensioni della fetta, larga 10-11 centimetri, ne basta una spessa per fare un super panino.

Ogni provincia veneta ha i suoi ingredienti

L’origine della soprèssa sembra sia nel Vicentino, nella zona di Valli del Pasubio, dove ad agosto si svolge da oltre 50 anni la sagra del salame. In questa provincia la soprèssa veneta ha ottenuto la Dop. Da qui la produzione si è estesa anche alle province di Verona, Treviso, Padova e Rovigo. La differenza tra le varie zone del Veneto è l’utilizzo del vino nell’impasto. Niente o quasi per Vicenza, Valpolicella e Amarone per Verona, vino bianco, di solito Glera, per Treviso e altre varietà di vitigni per le restanti province. Per insaporire le carni, oltre al sale e al pepe viene aggiunto aglio, ma non è obbligatorio, più altre spezie la cui miscela è un po’ un segreto di ciascun produttore.

Il segreto di un buon insaccato

Il nome potrebbe derivare dal verbo latino supprimere, inteso come compattare. La vera arte per la buona riuscita dei salami è infatti quella di insaccare senza lasciare vuoti. Una volta lo si faceva a mano, oggi lo si fa con macchinari che lavorano sottovuoto, garantendo un’insaccatura uniforme. Carne e grasso si macinano assieme e questo, grazie alla discreta percentuale di grasso (fino al 40 per cento) unita al grosso calibro, permette una buona morbidezza del salame anche se ben stagionato.

Fino alla stagionatura giusta

L’impasto viene insaccato nel budello di vitello o del bovino adulto. La legatura è a mano, i salumi vengono fatti asciugare una settimana ed infine passano alla stagionatura. C’è chi la ama fresca e chi stagionata. Occorrono circa sei mesi per le pezzature di un chilo e mezzo, almeno nove per quelle da tre chili, ma la stagionatura della sòpressa veneta può arrivare a 2 anni. Le corde lente indicano che il salame si è ristretto maturando, mentre la muffetta che appare sulla pelle dovrebbe essere grigio chiara o grigio marroncino: denota che la soprèssa è stata protetta dalla luce e ha sviluppato i microorganismi giusti della stagionatura.

Pinza

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Concludiamo con un dolce, la “pinsa”, da non confondere con la pinza triestina o quella bolognese, preparazioni totalmente differenti. La pinza veneta non ha un’unica ricetta, è una torta contadina che si usava preparare con il pane raffermo, aggiungendovi ingredienti a piacimento e secondo la disponibilità del momento e della stagione. Ci si può aggiungere frutta secca (pinoli, noci), frutta fresca (mele, fichi), uvetta, ecc.. Oggi è un dolce tipico di gennaio, quando gli avanzi dei cenoni natalizi iniziano ad accumularsi. Un assaggio di pinza non può promettere la stessa cremosità e golosità del tiramisù, ma siamo certe che quel mix di sapori rustici e caserecci vi porterà a galla qualche ricordo d’infanzia.

Fonte: viaggiincorso


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