LA CUCINA DEL MOLISE | VINI DEL MOLISE
Quando si parla di gastronomia molisana si pensa subito ad una cucina molto simile a quella abruzzese, con qualche influenza pugliese o campana. In realtà, il Molise ha suoi piatti peculiari, legati ai prodotti della terra ed alle sue tradizioni che la rendono totalmente disgiunta dalle altre regioni.
A tavola prevalgono i prodotti dell’agricoltura (con i pregiati broccoli neri e sedani bianchi, legumi) e degli allevamenti, soprattutto ovini (immancabile l’agnello, soprattutto nei giorni di festa) e suini. Qui la tradizione dell’arte norcina è veramente straordinaria: da segnalare il “saggicciotto”, le salsicce di fegato, la ventricina di Montenero, i prosciutti affumicati di Spinete.
Caciocavallo di Agnone

Se viaggiate in questa splendida terra, non perdete l’occasione di assaggiare i prodotti caseari, un’assoluta bontà. I burrini sono qualcosa di unico: burro racchiuso in una scamorza la cui pasta filata viene fatta aderire perfettamente al burro, dopo aver dato la particolare forma, vengono appesi e una volta asciugati possono essere conservati per diversi mesi. Da provare anche la stracciata di Agnone ed i famosi caciocavalli.
Capofreddo (coppa molisana)

Simile in parte alla soppressata calabrese (ne abbiamo parlato qui) è un insaccato di maiale cotto, fatto con gli scarti dell’animale, in particolare testa e zampe, ma spesso anche cotenna e lingua. Dopo aver pulito la carne si fa bollire, si condisce con foglie di alloro, semi di finocchio, aglio, peperoncino diavolillo e, a volte, buccia d’arancia, e si infila in un sacco di tela da cui prenderà la forma. L’acqua usata per bollire le carni viene spesso riutilizzata per preparare un brodo con le verdure. È stagionato per 15 giorni e arriva a pesare anche cinque chili. Si consuma fresco, entro trenta giorni dalla fine della stagionatura.
Caprino di Montefalcone nel Sannio

I formaggi di capra sono molto diffusi in tutta la regione, grazie alla presenza di capi allevati allo stato brado. Particolarmente rinomato è il caprino di Montefalcone del Sannio, in provincia di Campobasso, prodotto con latte crudo della razza autoctona locale. È un formaggio a pasta semi dura, ha una crosta compatta e rugosa, mentre l’interno è bianco e morbido. Viene messo a invecchiare utilizzando un particolare strumento di legno chiamato cascerache viene appeso al soffitto: qui i caprini stagionano per almeno due mesi. Anche questo è un formaggio che si mangia prevalentemente fresco, spalmato sul pane o accompagnato da verdure e marmellate locali.
Cavatelli

Uno dei formati di pasta tipici del Molise, adottato poi in molte regioni del sud Italia: i cavatelli sono una pasta di semola di grano duro e acqua, a cui in alcune zone si aggiunge un po’ di patata lessa, dalla caratteristica forma allungata. Si narra che furono inventati sotto il regno di Federico II, anche per soddisfare le esigenze gastronomiche del re. Sono fatti a mano “incavando” – come si dice in dialetto locale – la pasta con la pressione dell’indice e del medio. Solitamente si condiscono con ragù o sugo a base di carne di maiale, oppure con verdure tipo cardoncelli o broccoli, che in Molise tutti chiamano “spigatelli”. A Montenero di Bisaccia il piatto tipico del paese sono i cavatelli, qui chiamati “cuzzutilli”, con la Ventricina di Montenero, di cui parleremo a breve.
Maccheroni crioli

I crioli molisani sono un formato di pasta tipico delle feste Molise. Il nome deriva dai lacci delle scarpe che i pastori utilizzavano durante l’inverno. Fatti di semola di grano duro, uova e acqua, sono molto simili ai maccheroni alla chitarra, ma a sezione quadrata. Vengono mangiati conditi con il sugo di maiale, il ragù di carne di pecora o di papera muta. Un tipico piatto natalizio in Molise sono i crioli con il baccalà e le noci.
Sagne

Un tipo di pasta che il Molise ha in comune con l’Abruzzo e il Lazio sono le sagne. Fatte con un impasto a base di acqua, farina e sale, a cui spesso oggi vengono aggiunte le uova. Possono avere diversi formati: romboidali nella versione classica, possono anche essere listarelle piatte, piccoli quadrati o rettangoli. Nei tempi pre industriali le sagne erano un cibo quotidiano, destinato ai lavoratori e spesso abbinato a un altro ingrediente povero come i legumi. Sono diverse le ricette tipiche molisane con le sagne: fra le più celebri sagne e cicerchie, con le cicerchie, il lardo di prosciutto, il pomodoro, il peperoncino e il basilico, oppure sagne e fasciual allapigniata d’ cuacc, cioè le sagne con i fagioli borlotti cotti nella pentola di coccio.
Signora di Conca Casale

Salume ricco originariamente destinato alla borghesia (da cui il nome) prodotto dalle donne più anziane di Conca Casale, comune di circa 200 abitanti, sopra Venafro, in provincia di Isernia. Prodotto tradizionalmente con il lombo, la spalla, più il lardo della pancetta e del dorso, oggi la sua ricetta include anche parti di controfiletto e di coscia. La carne viene lavorata a mano e insaporita con l’aggiunta di pepe nero in grani, peperoncino, coriandolo e finocchietto selvatico. Il riempimento del budello è il momento più delicato: per un’ottima stagionatura, infatti, ogni angolo e piega della sacca deve essere riempita in maniera uniforme. La stagionatura dura intorno ai sei mesi, secondo le dimensioni del salume, che può arrivare a pesare anche 5 chili. Ha un sapore deciso, in cui spiccano i sentori di carne cruda e spezie come finocchietto e coriandolo. Si consuma da solo, tagliato a fette spesse, accompagnato dalla “pizza scimia”, cioè una focaccia realizzata con l’impasto avanzato dal pane, olio d’oliva e semi di finocchio selvatico. Un utilizzo in cucina è nelle minestre e nelle zuppe, oppure in primi piatti come i maltagliati con i ceci.
Soppressata del Molise

Prodotta nei comuni di Rionero Sannitico, Macchiagòdena, Montenero di Bisaccia e Castel del Giudice, province di Isernia e Campobasso, la soppressata molisana è un salume fatto con lombo e capocollo di maiale con l’aggiunta di modiche quantità di lardo. La carne, tagliata a mano, viene insaccata nel budello lavato e aromatizzato con delle spezie, poi messa sotto dei pesi per un paio di giorni. Una volta tolta dalla pressa, la soppresata viene appesa in locali aerati in cui è presente un camino che l’asciugherà e donerà una leggera affumicatura. A questo punto inizia la stagionatura che si protrarrà per circa cinque mesi, terminata la quale il salume è pronto per essere consumato subito, oppure tagliato a pezzetti e conservato in barattoli di vetro con della sugna.
Tartufo molisano

Lontano da ogni tipo di contaminazione e inquinamento, i tartufi molisani sono molto apprezzati sia in Italia che all’estero. Nelle vallate molisane se ne raccolgono di diversi tipi: il tartufo bianco pregiato, ad esempio, è tipico delle zone più interne delle province di Isernia e Campobasso, in particolare intorno a Carovilli, S. Pietro Avellana, Boiano e Capracotta. Un tartufo dalla scorza esterna liscia e leggermente vellutata, mentre all’interno la polpa è di colore bianco latte giallo-ocra o nocciola. Tipici delle zone più asciutte sono invece il tartufo uncinato e lo scorzone. Il tartufo uncinato è nero con verruche a forma di piramide, mentre la polpa, prima biancastra, diventa di colore nocciola o bruna man mano che il tartufo matura. Lo scorzone, o tartufo estivo, ha una scorza nera e una forma globosa. La polpa varia dal colore nocciola chiaro al bruno con diverse venature bianche. In cucina si utilizzano in diverse preparazioni, dalle paste fresche ai secondi, fino addirittura ai dolci.
Treccia di Santa Croce di Magliano

A vederla così non sembrerebbe un formaggio, ma più una decorazione artistica. E invece si mangia. La treccia di Santa Croce di Magliano è un formaggio tipico delle feste della Madonna dell’Incoronata e del patrono San Giacomo del paese in provincia di Campobasso. Simbolo delle tradizioni agricole di Magliano, i pastori la portano a tracolla durante i festeggiamenti, quasi come fosse una borsa. Si tratta di un formaggio grasso a pasta semidura filata prodotto con latte vaccino, è privo di crosta, elastico, di colore bianco se fresco, paglierino se leggermente stagionato. Durante la preparazione, dopo la maturazione, la pasta viene tagliata a strisce e fatta filare con acqua bollente. Una volta raggiunta la giusta consistenza si creano dei fili lunghi circa due centimetri, facendoli rassodare in acqua fredda prima e in acqua salata poi. Creati i fili vengono messi su un panno di cotone per formare la treccia. Si consuma prevalentemente come formaggio da tavola.
Fonte: gamberorosso